Gli impianti dentali sono strutture in titanio il cui scopo è quello di sostituire le radici naturali dei denti andati perduti; per questo tendono a riprodurne la forma e le dimensioni.

Dal 1952, anno in cui il Prof. Branemarck  fece questa scoperta, la ricerca ha prodotto impianti con morfologie e caratteristiche tali da rendere sempre più predicibili i risultati e ridurre sempre di più i tempi per applicare la corona definitiva.

Ricerche cliniche condotte dalla comunità scientifica ci permettono oggi di poter ritenere questa metodica un trattamento sicuro e con un’alta percentuale di successo a 10 anni dall’intervento.

Come agisce un impianto dentale?

Una volta posizionati, gli impianti dentali rimangono all’interno dell’osso interamente sommersi dalla gengiva.

Questo avviene attraverso il processo di osteointegrazione: ovvero un legame fisico e biologico per cui le cellule del nostro organismo sono in grado di crescere sulla superficie dell’impianto e legarsi a questa .

All’impianto si connette un’ulteriore struttura detta perno moncone, il cui scopo è quello di supportare la corona definitiva esattamente come le radici dei denti danno sostegno ai denti naturali.

In quali casi si ricorre a un impianto dentale?

Nel caso in cui il trattamento protesico comporti la sostituzione di uno o più elementi dentari vicini, l’implantologia offre diversi vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali.

In primo luogo, ci consente di inserire una protesi di tipo fisso senza dover limare i denti vicini per farne dei pilastri a cui ancorare il ponte protesico, consentendo di sostituire gli elementi persi in modo semplice e naturale, senza dover intaccare i propri denti.

In secondo luogo, gli impianti ci permettono di ricorrere ad una soluzione di tipo fisso anche quando la perdita di molti elementi dentari precluderebbe qualunque protesi fissa, candidando il paziente ad una protesi mobile scheletrata.

Gli impianti, inoltre, possiedono la capacità di continuare a stimolare la cresta ossea, evitando il caratteristico riassorbimento dell’osso che si osserva in seguito alla perdita di un dente.